Sono cinque sorelle sono tutte belle ma sono turche

Riccardo Tavani

Premiato con una menzione speciale all’ultima Festa del Cinema di Roma, Mustang, della regista turca Deniz Gamze Ergüven, è prodotto dalla Francia e scelto per rappresentarne la cinematografia transalpina agli Oscar 2016. Narra di cinque sorelle, dislocate per diverse età, dall’adolescenza fino ai 17 anni, che sono prima controllate, chiuse e poi letteralmente imprigionate in casa. Per ridurle definitivamente alle imposizioni della religione e della tradizione islamica, sono date via via in sposa, costrette a sottomettersi alla tragica e inamovibile volontà della nonna e dello zio. La loro giovinezza e bellezza diventa la loro colpa, la loro pena, la loro prigione in casa.

La vicenda comincia con una scena di festa, quella della chiusura dell’anno scolastico, con le sorelle che giocano sulle spalle dei maschi alla guerra dei cavalli nel mare. La festa come Eden originario, però, lascia qui subito intravedere il profilarsi della sua rottura, della minaccia contro la spensieratezza delle ragazze. Mentre – proprio come Eva – colgono mele nel verde della natura, sbuca fuori un uomo armato di fucile che intima loro di non permettersi più di cogliere il frutto proibito del suo albero.

È solo la prima avvisaglia dalla piena cacciata dal paradiso e segregazione dentro la legge che completeranno poi la nonna e lo zio, i parenti più stretti presso la cui abitazione le ragazze vivono a causa della morte dei loro genitori. Nel film si fronteggia continuamente l’intelligenza ironica delle ragazze, la loro luminosa capacità di farsi beffa delle proibizioni con la stolidità buia, prepotente della forza che le gradatamente le schiaccia e sottomette.

La Turchia preme diplomaticamente, ormai da molti anni, per farsi riconoscere come Stato democratico ed entrare a pieno titolo nella Comunità Europea. Sul piano politico abbiamo assistito, proprio in queste ultime settimane, alle gravi tensioni – seguite da assassini e stragi – che il presidente di quel paese ha fatto crescere attorno alle elezioni, per ottenere la maggioranza assoluta in Parlamento. Non sarà forse neanche un caso che questa opera di una regista turca sia stata prodotta dalla Francia.

Ma questo film, di più, ci fa capire com’è alle fondamenta della società, dell’intimità della vita umana che la violenza fisica, culturale, spirituale perpetrata contro le donne, il primo vero sintomo di negazione d’ogni democrazia. Un sintomo sul quale dovremmo essere sempre più avvertiti anche dentro le nostre eclissanti democrazie.