IN GUERRA PER AMORE
Dalla commedia a un’amara pagina di storia italiana

Dopo il suo primo successo, La mafia uccide solo d’estate, Pierfrancesco Diliberto, in arte Pif, torna sul tema. Ci torna sempre attraverso il genere della commedia tra i pori della quale – piano piano – sale e traspare una pagina di storia nazionale. È la ricetta dell’antico farmacista: lo zucchero prima dell’amaro.

Dal dolce dell’immaginaria vicenda di un amore combattuto, all’amaro della pagina di guerra e di storia italiana drammaticamente vera. Il tutto testimoniato dalla faccia da bravo ragazzo, imbranato, maldestro, ma comunque sempre onesto, nelle intenzioni e negli atti, della figura d’attore di Pif, qui nelle vesti di Arturo Giammarresi, siciliano trapiantato in America che si arruola per amore della bella Flora. La particolare aura attraverso cui il pubblico percepisce l’attore protagonista è essenziale in questo tipo di traslazione dalla cifra comica a quella drammatica. Lo abbiamo visto ne La vita è bella, di e con Roberto Benigni, o in Forrest Gump, con Tom Hanks. Quest’ultimo film, come è noto, è quello cui si è dichiaratamente ispirato Pif nella sua prima prova. Perché nel detto “Scherza con i fanti ma lascia in pace i santi” il passaggio dai primi ai secondi può essere garantito solo da un volto, da una figura che ispiri sensibile fiducia pubblica. E qui dalla figura comica del fante Arturo Giammarresi si passa a quella santa, eroica del tenente Philip Catelli, interpretato da Andrea Di Stefano. È questo il personaggio chiave, angelo protettore di Arturo, che svela e fa trasparire, sotto i toni comici, la prima tentacolare rete mafiosa che si ramifica con l’espandersi dell’avanzata delle truppe da sbarco Usa in Sicilia.

Per conferire una maggiore autenticità al risvolto storico drammatico del suo racconto, Pif dedica una particolare cura a ogni suo aspetto cinematografico, dalla fotografia, alle luci, alle scenografie, ai costumi. Come a quello documentale, mostrando pagine di archivio storico che attestano la sua denuncia.

Resta un solo rammarico: che nessun autore-attore abbia pensato a realizzare un racconto come questo in anni precedenti, nei quali avrebbe certamente avuto un maggiore impatto sia cinematografico che sociale.

(RT)