dal nostro inviato Riccardo Tavani

Domenica, 22 nov. Si svegliano presto i mendicanti, sotto un cielo domenicale tirato al nitido

dalle montagne che fanno da corona alla città e da sfondo luminoso alla sguardo. Torino

ancora dorme, ma loro sono già davanti le chiese, sotto i portici, attorno alle postazioni

esterne del TFF a chiedere le elemosine. Non vogliono perdersi neanche il tintinnio di una

monetina elargita. Più tardi la città si riverserà, fino a notte, lungo i corsi, le vie, le piazze

principali, più animate del solito la domenica. Alle 9 in punto partono anche le prime

proiezioni del Film Festival. Così elemosinanti e cinefiles sono i primi a svegliarsi la

domenica a Torino, entrambi bisognosi di un loro diverso, anche contrastante, ma

egualmente necessario obolo esistenziale.

Al Cinema Classico, riservato alle proiezioni per la stampa, alle 9 la platea e la galleria sono

piene per il fim Lo scambio di Salvo Cuccia. Oltre il regista, alla sceneggiatura ha

partecipato anche Alfonso Sabella, ex magistrato ed assessore uscente alla legalità del

Comune di Roma con l’ex sindaco Marino. Basato su fatti realmente accaduti negli ’90,

come il rapimento e l’uccisione del piccolo Giuseppe Di Matteo a Palermo, il film gioca lungo

tutto il suo percorso sullo scambio, ossia la doppiezza tra modalità, ruoli e gerarchie che la

mafia mutua e scambia con la polizia. Anzi, il film si basa tutto su questa trovata, non

sempre convincente, però, e che confonde lo spettatore. Ottime le prove d’attore di Filippo

Luna, BarbaraTabita e Paolo Briguglia.

Molti altri film si sono succeduti nelle altre sale al mattino. E anche documentari, nella

sezione Torino Doc, patrocinata dallo stesso sponsor del nostro Cinema Farnese Persol di

Roma. Ad esempio Gipsofila, dal nome di una pianta che diventa il simbolo di un incontro e

di uno scambio esistenziale profondo tra l’autrice portoghese Margarita Letiāo e sua nonna.

Poi il pomeriggio e la sera sono state un susseguirsi vertiginoso di film narrativi,

documentari, corti, proposte sperimentali, impossibile non solo seguire

contemporaneamente, ma anche soltanto qui riferirne nello spazio di un articolo.

Da Hige-Rise dell’inglese Ben Wheatley, tratto dal racconto Condominio di James G. Ballard

del 1975. È la devastante lotta di classe che si scatena dentro un moderno grattacielo tra i

piani e i ceti sociali più alti e quelli più bassi, ma anche il simbolo di un declino, di un

tramonto dell’intera nostra civiltà occidentale. Cast di star internazionali, tra cui Jeremy Irons

e Sienna Miller.

A seguire il flm di Alexey German Jr Under Electric Clouds (Sotto nuvole elettriche),

produzione russo-ucraino-polacca. Una narrazione aperta, circolare di oltre due ore, carica

di simboli e riferimenti alla cultura e all’arte russa, sulle macerie del passato sovietico che

ingombrano ancora e ostacolano lo sviluppo di un presente e di un futuro, che si

caratterizzano così anch’essi con i tratti di uno sgangherato quanto inesorabile declino. Uno

stile che sembra rifarsi a quello inaugurato da Anghelopulos nelle sue grandi narrazioni

storiche, ma anche a Fellini, in certi suoi personaggi e scene simboliche.

La sera è animata dalla proiezione del film di Gianni Zanassi La felicità è un sistema

complesso, con la presenza nella sala 3 del Cinema Reposi di tutta la troupe artistica,

tecnica e produttiva del film, a cominciare dal regista e dagli attori Valerio Mastandrea,

Giuseppe Battiston, Paolo Briguglia e Hadas Yaron. Quest’ultima è stata presentata al

pubblico dalla direttrice del Fesval Emanuela Martini ed è stata insignita di un premio

consegnato dalla Fiat. Il fatto di essere di nazionalità israeliana ha comportato anche un

visibile ma non pesante controllo di polizia all’ingresso e all’uscita degli spettatori. Il film è

una commedia, a volte un po’ forzata nelle situazioni e ruoli, trascinata dalla naturale

simpatia cinegenica di Valerio Mastandrea, sull’amara realtà di fallimenti e de-localizzazioni

aziendali, con i loro drammatici risvolti sociali, nell’epoca della globalizzazione.

A finire oltre la mezzanotte, ma con l’enorme sala strapiena, il film argentino di Santiago

Mitre La Patota/ Pauline, con la protagnista Dolores Fonzi in stato di grazia recitativa, nei

tratti somatici di una ruvida, ostinata, contro-affascinante Romy Scheider. Anzi è proprio la

caratterizzazione di questo personaggio femminile che dá una forza nuova, tragicamente

sorprendente al libero rifacimento dell’omonima pièce teatrale di Eduardo Borrás e del film

di Daniel Tinayre degli anni ’60 del secolo scorso. Il pubblico rimane inchiodato alla poltrona,

nonostante le circa due ore di proiezione, e applaude ripetutamente alla chiusura di questa

fitta, avvincente domenica cinematografica torinese.